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2021 | DUE STRADE PER SALVARCI

Aggiornamento: 5 gen 2021

Come ogni anno, anche lo scorso è iniziato con molte speranze. E, forse, a qualcuno quella doppia cifra tonda - che arriva ogni milledieci anni -suggeriva qualche speranza in più rispetto ad ogni altro banale e insipido numero di mezzo.

Invece sbaam, manco il tempo di abituarci a scrivere 2020 senza il refuso corretto dell’anno precedente, che ci siamo ritrovati chiusi in casa ad ascoltare notizie sparate a suon di retorica bellica.

Il nemico invisibile, il fronte, la trincea, la resistenza. E poi la parola più utilizzata dell’anno: resilienza.

Sì, io ricorderò il 2020 come l’anno in cui la parola resilienza ha soppiantato le citazioni del Piccolo Principe sotto le foto dei culi su Instagram.

Lo so, è un’uscita sessista - non me ne vogliano i progressisti più attenti - ma, d’altra parte, il linguaggio che più di ogni altro viene utilizzato per comunicare, in questo paese, è quello della prostituzione.


È un mercato di carne umana a perdita d’occhio, quello in cui viviamo. Ed è in questo mercato di carne umana che ci muoviamo, che lavoriamo, che socializziamo ed è questo mercato di carne umana che continuiamo ad alimentare, spesso inconsapevolmente.


Il linguaggio: questa magia. Una cosa “è” solo se ha un nome, una cosa è il suo nome.

Che si creda o meno in Dio, che si sia pratici dei testi sacri o meno, tutti hanno sentito, almeno una volta: “In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio.” (Gv 1,1-18).

Nel libro della Genesi il mezzo della creazione è il decreto verbale di Dio. Dio dice il nome di una cosa e quella cosa “é”.

Ora, vorrei che fosse chiaro che sono evoluzionista, che sono consapevole che la Terra sia (più o meno) sferica e che sono propenso a farmi il vaccino malgrado non nutra una particolare simpatia per gli aghi.

Tuttavia chi ha scritto la Bibbia ne sapeva un bel po’, a proposito di un sacco di cose. Fra le quali c’è sicuramente lo straordinario potere creativo del linguaggio.

E attenzione: per potere creativo non intendo quella brillante fantasia che ognuno di noi si convince di avere quando si rende conto di aver guarnito bene una torta, ma parlo del potere di creare mondi che prima non esistevano.

Torniamo alla Genesi, perché Dio fece l’uomo a sua immagine e somiglianza. E anche questo direi che lo abbiamo sentito un po’ tutti. Ma forse lo abbiamo frainteso. Sarà forse per questa sottile incomprensione che ci siamo immaginati il famoso signore imponente col barbone bianco, seduto sul trono, dalla sospettosa somiglianza con Babbo Natale? Che non sia lo stesso attore? Mah.

La verità è che ancora una volta chi ha scritto la Bibbia dimostra una mente sopraffina: la nostra “immagine e somiglianza” con Dio, infatti, non è nelle forme antropomorfe, ma nella capacità potenziale di creare attraverso l’utilizzo di un linguaggio.


Dove voglio arrivare? È semplice: per creare il mondo che desideriamo dobbiamo iniziare a raccontarlo, a descriverlo. Saremo così costretti ad immaginarlo, a plasmarlo nella nostra mente, nelle nostre emozioni e, quando verrà fuori dalle nostre bocche sotto forma di Verbo, il grosso del gioco sarà fatto, il seme della creazione sarà stato piantato e, a quel punto, sarà sufficiente innaffiarlo un po’ ogni giorno.

Il problema è che le nostre capacità di linguaggio diventano ogni giorno più scarse. Utilizziamo sempre meno vocaboli, non sappiamo tradurre le nostre emozioni. E questo genera grande parte del disagio sociale che compone la merda-fino-al-collo in cui sentiamo di camminare.

A volte temo la via del non ritorno, e immagino un giorno in cui l’impoverimento del linguaggio ci trasformerà tutti in zombie con culi perfetti e addominali scolpiti.

Ma, come diceva Gramsci, io sono pessimista nell’intelletto e ottimista nella volontà. Allora credo, sono convinto, che la tanto-chiamata-in-ballo speranza, tutto sommato ci sia. E credo, anzi sono sempre più convinto, che sia nei libri.

In quali libri? In tutti i libri. Anche quelli brutti? In tutti i libri. Anche in quelli bruttissimi? In tutti i libri. Anche in 50 sfumature di grigio? In quasi tutti i libri.


Volete fare di voi persone migliori e non sapete da dove cominciare? Leggete libri. Volete al vostro fianco una persona che vi ami, vi rispetti e con cui costruire una storia basata sull’onestà e non sapete da dove cominciare? Leggete libri. Volete assicurare ai vostri figli un futuro dignitoso e volete regalare loro la possibilità di realizzare una vita il più possibile felice e non sapete da dove cominciare? Leggete libri. Volete migliorare la relazione fra voi e il vostro datore di lavoro e non sapete da dove cominciare? Leggete libri.

Potrei andare avanti per tutto il 2021. La risposta sarà sempre lei: l’inizio migliore per una qualità di vita migliore è sempre dalla prima pagina di un libro.

Ma attenzione, perché se c’è una cosa che la vita insegna subito ai buoni alunni è che le scorciatoie non esistono. E che la risposta giusta è sempre alla fine della strada più lunga e tortuosa. E che spesso buchiamo per poi renderci conto che nelle macchine moderne la ruota di scorta è un’optional(!).

Se cercate una vita migliore ad uno schiocco di dita, sappiate che non arriverà mai. Non lo dico con sadismo, vi giuro (beh dai, solo una puntina). Lo dico perché so che in fondo ce ne siamo già accorti tutti, di quanto sia impalpabile la felicità ottenuta senza il minimo sforzo. Solo che ci siamo impigriti ad un tale livello che una sforzo anche solo un minimo sopra il minimo, non è contemplato. D’altronde perché dovrei andare a piedi quando posso andare in macchina. Ebbene motivi per andare a piedi, in verità ce ne sarebbero anche parecchi, a ben osservare.


E allora ecco che se la prima via è la lettura, la seconda via è sua figlia e amica: la pazienza.

La pazienza è una delle più alte forme di disciplina.

La pazienza è corpo, mente e spirito.

La pazienza è mistica, è arte.

Andate a digitare su Google “pazienza, aforismi” e rimarrete impressionati dal fiume di frasi che si è prodotto, a proposito della pazienza.

La mia preferita è un antico proverbio turco che dice che la pazienza è la chiave del Paradiso.

La trovo bellissima e soprattutto ho capito quanto è vera. E ho capito anche cosa intende per Paradiso: il paradiso è il mondo che possiamo costruire per mezzo di quel seme del linguaggio a cui dobbiamo dare il tempo di generare i suoi frutti.


Sì, ho questa sensazione: Il futuro sarà in mano a chi legge libri e a chi coltiva la sua pazienza.

Tutti gli altri saranno zombie dai culi perfetti e gli addominali scolpiti.

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