Signora Teresa e Signor Franco erano i titolari dell'alimentari che si trovava sotto casa mia, quando ero bambino.
La loro era la classica bottega di quartiere e, con ogni probabilità, la loro clientela comprendeva - sì e no - una cinquantina di famiglie che vivevano in un piccolo isolato.
A questi due signori non sarebbe mai e poi mai venuto in mente di utilizzare parte del denaro della cassa per pubblicizzare per la loro attività. Sapevano che sarebbe stato a dir poco superfluo.
Quello che Signora Teresa e Signor Franco probabilmente non sapevano è che quello che ogni giorno facevano, era investire in una forma pre-digitale di Slow Marketing. O comunque non lo avrebbero sicuramente definito in questo modo.
Arrotondavano i conti per difetto, aggiungevano un frutto in più dopo aver pesato la busta, regalavano una caramella ai bambini, portavano la spesa a casa ai signori più anziani e concedevano credito alle famiglie meno abbienti del quartiere, rafforzando un legame di fiducia così solido, da contribuire ad incrementare la qualità della vita e il senso di sicurezza di tutto i quartiere. Questo senza mai farsi mancare il sorriso.
Ricordo che nei pomeriggi di gioco in strada, intorno alle 16:30, mia nonna si affacciava dal balcone e mi ricordava che era l’ora della merenda. Così mi dirigevo in bottega e mi facevo imbottire una rosetta con della mortadella profumatissima, uscendo poi senza pagare.
L’indomani mattina, mia nonna avrebbe saldato il conto della mia merenda insieme alla spesa del giorno.
Signora Teresa e Signor Franco, insomma, fidelizzavano la clientela, garantendosi un flusso quotidiano, che permetteva alla loro attività di essere piuttosto florida.
Una bottega di quaranta metri quadri, per intenderci, permise loro di investire con sagacia nel settore immobiliare, garantendo una vecchiaia serena a loro stessi e a diverse generazioni della loro famiglia, dopo la loro dipartita. Tutto questo con una clientela di una cinquantina di famiglie al massimo.
I tempi erano certamente diversi, direte voi. Tempi in cui la vita era in contanti e la pressione fiscale era - a dir poco - mitigata da un atteggiamento (diciamo così) leggero, nei confronti degli scontrini e nei quali il conto veniva sommato a penna sulla busta del pane.
Ciò su cui è importante concentrarsi, però, è l’approccio, l’attitudine.
Chi vende al dettaglio oggi si scontra con la grande distribuzione e con multinazionali imbattibili, se prese sul loro terreno di scontro.
Tuttavia questi colossi non possono infondere il calore, la fiducia e la cura di cui un cliente avrà sempre (e per sempre) bisogno, in quanto individuo appartenente ad una comunità.
Certo, con ogni probabilità nessuno oggi si potrà permettere di acquistare tanti appartamenti quanti ne hanno comprato Signora Teresa e Signor Franco - partendo da una semplice bottega di alimentari di quartiere di quaranta metri quadri - ma si può comunque contribuire concretamente al miglioramento della qualità della propria vita e di quella delle famiglie del suo quartiere, con la consapevolezza che le due cose sono profondamente legate, e che la conseguenza di questa dinamica si riverbererà senza dubbio nella salute economica dell’azienda.
Oggi la differenza avviene sul piano della narrazione e della genuinità dei contenuti.
E questa è una mentalità (a parer mio) necessaria da acquisire, se si vuole sopravvivere come imprenditori locali, nel prossimo futuro.
Siamo quotidianamente bombardati da campagne di marketing tanto massicce quanto svogliate, tanto colorate quanto nauseanti. Camminiamo a testa bassa fra centinaia di cartelloni, manifesti, volantini. Muriamo le chiamate dei call-center e il cestino dello spam della nostra casella e-mail trabocca di inviti al consumo, destinati a diventare polvere di codice binario, senza essere mai aperti.
Spazzatura digitale che ha come effetto quello di renderci consumatori apatici.
Investire in questo tipo di comunicazione rischia di avere il solo effetto di rendere invisibile la nostra azienda, inutili i nostri investimenti e inconsistenti i nostri guadagni.
Fortunatamente, svoltato l’angolo, si trova ancora qualche bottega. Così ci fermiamo, esitiamo qualche secondo all’ingresso, ma poi entriamo, perché sono le 16:30 e abbiamo sentito quel meraviglioso profumo di mortadella che ci ricorda le partite di pallone in strada, i vecchi amici, la voce di nostra nonna.
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